Valentina e la cucina venezuelana

Quante volte in un momento di difficoltà ci siamo sentiti dire “Ti capisco”?

E quante volte, pur apprezzando il desiderio splendido e generoso di darci conforto, abbiamo pensato che no, quella persona non avrebbe mai potuto capirci, perché quello che stavamo passando noi, non lo aveva mai sperimentato?

In un periodo in cui le immagini di persone in fuga dal proprio Paese riempiono schermi e teleschermi, qualcuno che è davvero titolato a comprendere c’è.

Valentina nasce e cresce a Caracas, in Venezuela.

E’ il 2014 quando il suo Paese natale inizia ad essere attraversato da una serie di proteste, manifestazioni politiche e insurrezioni civili contro il governo del presidente Nicolas Maduro. Lo Stato risponde arrestando veri o presunti oppositori, gli scontri si fanno più violenti, la continua scarsità di beni innesca proteste sempre più forti. 

Valentina e la sorella, incitate dai genitori che desiderano saperle al sicuro, lasciano il Venezuela. Valentina di lascia alle spalle il suo Paese, la sua casa, gli affetti, la facoltà di architettura che stava frequentando, e arriva a Milano.

“Moltissimi venezuelani stavano emigrando in Spagna- racconta Valentina- noi abbiamo scelto l’Italia, anche se la Spagna avrebbe potuto sicuramente garantirci una continuità linguistica. La mia famiglia è originaria della Basilicata, ecco perché il mio cognome, Scannone, è italiano, e così siamo arrivate qui”.

Valentina e la sorella trascorrono tre mesi a Milano per poi trasferirsi a Torino.

“Lì ho cercato prima di tutto di imparare l’italiano e di trovare un corso che mi permettesse di studiare design. Dopo essermi documentata ho visto che l’università di Bolzano offriva un percorso in linea con quelle che erano le mie aspettative, e così ho fatto di nuovo le valigie alla volta dell’Alto Adige”.

La domanda sorge quasi spontanea: da Caracas a Bolzano? Come si fa ad affrontare un cambiamento così radicale?

 “In realtà è stato molto meno difficile di quanto si possa pensare. Mi sono innamorata subito di Bolzano. Mi sono piaciute la dimensione meno dispersiva rispetto alle grandi città, la possibilità di raggiungere l’università a piedi, la qualità della vita, l’efficienza dei servizi, insomma: l’ho trovata una realtà davvero piacevole da vivere. Un piccolo paradiso, soprattutto se paragonato al Venezuela che avevo vissuto negli ultimi anni. Dopo qualche anno qui, ho persino smesso di soffrire di una serie di allergie che mi tormentavano da tempo”. 

Nel 2018 Valentina si laurea in Arti e Design ed inizia a lavorare nel suo campo. 

Ma le sue passioni non si esauriscono nel lavoro. 

La prima è il macramè, un merletto creato secondo un'antica tecnica marinara con filati intrecciati e annodati tra loro, senza l'ausilio di aghi o uncini. I motivi che lo compongono nascono da una sapiente disposizione di nodi e avvolgimenti, a seconda del diametro della corda impiegata, il prodotto della lavorazione è destinato ai più diversi utilizzi, dall'abbigliamento alla tappezzeria. 

La seconda è lo yoga, che ha in progetto di cominciare ad insegnare.

La terza, ma non per importanza, è la cucina.

Il nonno di Valentina, Armando Scannone, ha scritto un libro di ricette che in Venezuela è diventato una vera e propria bibbia culinaria.

“E’ stata una delle prima cose che ho messo in valigia. Il Venezuela è sempre stato un mix di etnie, non esisteva una tradizione culinaria definita. Il mio prozio ha deciso di provare a riscrivere le ricette  che preparava sua madre, dedicandosi in prima persona alla loro realizzazione, facendo affidamento sulla memoria e sul palato”.

La cucina è qualcosa che si tramanda in famiglia, quindi, anche se, ammette Valentina, con poca disciplina.

“Il vero cuoco di casa è mio padre, ma tutti amiamo cucinare. Ci piace metterci ai fornelli e improvvisare, tanto che molto spesso fatichiamo a seguire la ricetta originale senza improvvisare qualche variazione fantasiosa. 

Qui in Italia mi piace organizzare cene con gli amici e cucinare per loro. Uno dei piatti tipici per eccellenza è il pabellòn, una portata unica composta da riso, fagioli neri, carne e platano”.

 Tra le altre specialità ci sono le Arepas, gustose focaccine a base di farina di mais, ideali da farcire con ingredienti salati; le Empanadas, dei fagottini con un ripieno saporito a base di carne, peperoni, cipolle e spezie; e la Cachapa, una sorta di tortilla o frittella rustica di mais che può essere farcita a piacere. 

“Cucinare per me significa innanzitutto fantasia e poi condivisione, perché amo far assaggiare agli altri le nostre pietanze, così come ho fatto in occasione della cena organizzata da Pulk, che spero di ripetere presto e magari assieme a mio padre, che nel frattempo si è stabilito in Italia”

Il suo ultimo pensiero va all’attualità, ed in particolare alle tante famiglie di rifugiati.

“Sono situazioni che mi toccano molto perché so quando cambiare Paese e abitudini possa rappresentare una grandissima sfida. Nonostante le difficoltà però, il mio percorso di vita mi ha fatto crescere, tanto da convincermi che uscire dalla propria comfort zone per mettersi alla prova in altri contesti, sia qualcosa che dovrebbero fare tutti per potenziare le proprie risorse e aprire la mente”.

 

Alice Sommavilla, n.5, L’Isola che c’è per Pulk

 

 

 

 

 



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