Samira e la cucina iraniana

C'è ancora chi, per assonanza, lo confonde con l'Iraq, eppure è sufficiente cambiare quell'ultima lettera per spalancare le porte di una realtà completamente diversa. L'Iran, da sempre uno dei Paesi chiave nello scacchiere della geopolitica e quasi sempre coinvolto nei giochi di potere internazionali, ha una lunga storia che merita di essere approfondita. Dai governi che si sono susseguiti nel corso degli anni, ho ai temi religiosi, ai legami con le potenze mondiali, l'Iran vanta anni di esperienza politica e civile. E' proprio in Iran infatti, che all'inizio degli anni '50 l'allora primo ministro Mohammad Mossadeq, nazionalizzò l'industria petrolifera iraniana, con la precisa intenzione di renderla indipendente dalle ingerenze britanniche, e recuperare la sovranità sulla risorsa naturale più importante del Paese. Non senza conseguenze, ma il gesto, passato alla storia, è sufficiente per farci capire il peso dell'Iran sul mappamondo di ieri e di oggi.

A confermarcelo è Samira, nata a Teheran, dove ha vissuto fino all'età di ventiquattro anni, prima di ottenere una borsa di studio che le ha permesso di trasferirsi in Italia, a Trento, per studiare informatica.

“Spesso le persone associano all'Iran le immagini stereotipate di un qualsiasi Paese mediorientale- dice Samira- senza sapere che in realtà è uno stato che ha caratteristiche molto diverse da realtà come quella dell'Egitto, del Libano, e dello stesso Iraq, nonostante il nome simile possa far pensare che siano due entità quasi uguali.

Ho trascorso la prima parte della mia vita nella capitale Teheran, dove sono nata. Avevo solamente diciassette anni quando ho perso mia madre, e d'istinto ho sentito che l'unico modo che avevo per continuare a tenere unita la mia famiglia, sarebbe stato quello di sostituirmi in qualche modo alla sua figura. Naturalmente non ho voluto prendere il posto della mamma, ma ricoprire lo stesso ruolo che fino a quel momento aveva sempre ricoperto lei”.

Qual è il modo migliore per tenere unita una famiglia, se non farla riunire a tavola, possibilmente davanti a una serie di manicaretti?
Samira rispolvera le ricette della mamma e comincia a cucinare per il padre e i fratelli, e mentre lo fa scopre che non solo quel compito non le pesa, ma addirittura la diverte. Le tramette gioia, una scoperta che dopo il lutto è qualcosa di cui ha davvero bisogno.

“In verità non ero completamente estranea alla cucina: mio padre e mio fratello gestivano un ristorante. Ogni tanto davo loro una mano ed è stato proprio in quelle occasioni che ho imparato a cucinare grandi quantità di cibo per molte persone, cosa che mi sarebbe tornata utile in futuro, ma ancora non lo potevo sapere”.

A ventiquattro anni Samira arriva a Trento per studiare informatica. Ad attenderla, il compagno iraniano, partito poco prima di lei.

“Avere il mio compagno qui è stato di grande aiuto per la mia integrazione. Tutto mi appariva così diverso; non avevo una rete sociale, per non parlare poi della lingua così complessa da imparare. E poi le strade! Rispetto a quelle di una metropoli come Teheran, quelle di Trento mi sembravano piccole e incredibilmente strette. Ci è voluto un po' di tempo ma ora mi sento trentina al 50%. Addirittura quando torno in Iran mi manca la mia vita di Trento”.

Negli anni trascorsi a Teheran, Samira è diventata una cuoca provetta, e perdere questa dote le sembra un peccato, oltre ad un sacrificio. Perché a lei cucinare piace un sacco.

“Mi dà gioia, soddisfazione, mi rilassa, mi diverte, mi permette di scoprire nuovi sapori. La tradizione culinaria iraniana è molto diversa da quella italiana, ma soprattutto non è diffusa come altre cucine del mondo. Così ho pensato di far scoprire agli italiani il mio Paese attraverso i suoi piatti”.

E il risultato sarà un successo.

Ma cerchiamo di conoscere un po' di più la cucina iraniana attraverso le parole di Samira.

“La nostra cucina non prevede una lunga serie di piatti, come succede per esempio in Italia, dove antipasto, primo e secondo, sono portate ben definite. Da noi si prediligono i piatti unici, come per esempio il riso misto, dove il riso viene servito assieme a fave, aneto secco e fagioli verdi. Il riso è alla base di moltissimi piatti, quasi sempre servito con un sugo di accompagnamento.

 “Sempre per via di quella generalizzazione che si basa sugli stereotipi, si crede che la nostra cucina, come molte altre del medio oriente, faccia largo uso di spezie, ma non è così. I nostri piatti sono molto bilanciati nel sapore, le spezie vengono utilizzate con parsimonia ed è molto raro trovare preparazioni marcatamente piccanti.

Gli ingredienti sono semplici e sani: riso, olio d'oliva, verdure, carne, yogurt. Molti sono reperibili anche qui in Italia, ma altri cerco di portarli dall'Iran ogni volta che ci torno”.

Come dicevamo le spezie non sono predominanti, ma questo non vuol dire che non ci siano.

 “Utilizziamo prevalentemente cannella, curcuma e pepe nero, ma il nostro fiore all'occhiello è lo zafferano, che in Iran, nelle zone dove il clima è secco, cresce abbondante. Lo zafferano viene utilizzato in moltissimi piatti tradizionali, come il Tah Chin, una preparazione che vede alternarsi pollo, crespino, riso con zafferano e yogurt, fino a creare molteplici strati”.

 Non mancano nemmeno i dolci, uno su tutti il famoso Baklava, di cui esistono numerosissime varianti in tutto il medio oriente. Il ripieno del baklava iraniano è fatto con zafferano e impreziosito dall'aroma dell'acqua di rose.

Avete già l'acquolina in bocca?

Allora non vi resta che venire da Pulk!





Alice Sommavilla, n.11, L’isola che c’è per Pulk

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