Laura tra psicologia, alimentazione e cibo per corpo e mente

Questa è la storia di una bambina robusta. Non di una bambina “grassa”. Una bambina robusta che negli anni del passaggio dalle scuole elementari alle scuole medie, è sempre la più alta della classe. La più “grande”.

Questa bambina di chiama Laura e nonostante i compagni di classe non perdano occasione per prenderla in giro, lei riesce comunque ad essere più forte.

“Non ho mai vissuto il mio corpo come un problema- racconta Laura Endrighi, che oggi è una psicologa dell’alimentazione- al contrario, sembrava che gli altri avessero problemi nell’accettare la mia fisicità. Mio padre mi portò da un dietologo quando avevo solo undici anni, e iniziai la mia prima dieta ferrea. Imporre una dieta così rigida ad una ragazzina che aveva ancora bisogno di crescere non portò a nessun risultato positivo”.

Passano gli anni e la moda degli anni ’90 non le viene certo in aiuto.

“C’era una pressione sociale che ti spingeva a pensare che se le tue misure non corrispondevano a quelle considerate come ideali, allora fossi sbagliata. Al giorno d’oggi questa sensazione viene addirittura amplificata dai social: adolescenti e non solo, si confrontano ogni giorno con immagini di corpi che  a loro appaiono perfetti, e viene celebrata una magrezza surreale anziché la bellezza, e il rispetto, della diversità che ci rende unici”.

Laura non cade nella trappola dei disturbi del comportamento alimentare (i cosiddetti DCA, dei quali fanno parte patologie come anoressia e bulimia), ma quando si trasferisce in un’altra città per frequentare l’università, decide inconsciamente di concedersi tutto quello che da ragazzina le era stato proibito.

E’ così che assieme alla laurea in psicologia, Laura “guadagna” anche 35 chili in più. 

“All’epoca non esisteva un filone della psicologia che si interessasse all’alimentazione da un punto di vista non clinico. Il concetto di stile di vita non veniva preso in considerazione e ci si concentrava unicamente sulle psicopatologie legate al cibo, di conseguenza non era possibile documentarsi o ricevere un aiuto mirato ed efficace”. 

Laura inizia a lavorare come educatrice in una cooperativa che si occupa di assistenza ai disabili, e dopo gli anni da studentessa, riceve un messaggio dal suo corpo, che le dice chiaro e tondo: Faccio fatica. 

“Realizzai che con i miei chili in più anche salire le scale diventava un’impresa. Faticavo a svolgere le attività senza sentirmi stanchissima. Iniziai a provare moltissime diete, e mi resi conto di una cosa che non mi piacque: nonostante mi rivolgessi a dei professionisti dell’ambiente sanitario, mi venivano date sempre delle diete iper restrittive e senza che venissero prese in considerazione informazioni importanti sul mio stile di vita o il mio approccio al cibo. La mia formazione mi portava a pensare che al cibo fosse collegata una fortissima componente psicologica: in fondo cambiare alimentazione non significa solo mangiare cose diverse, ma cambiare il proprio stile di vita!”

Se una persona “normale” pensa al cibo mediamente duecento volte al giorno, per una persona a dieta questa cifra aumenta considerevolmente. E ci si pensa non solo di giorno, ma anche di notte.

“E’ stato proprio mentre stavo svolgendo un turno di notte al lavoro che mi sono chiesta come fosse possibile che l’aspetto psicologico dell’alimentazione fosse così sottovalutato. Mi sono messa alla ricerca di informazioni fino a quando, su internet, trovai un libro di Albert Ellis, che trattava proprio questo argomento. Nel leggerlo scoprii tante verità. La prima è stato il concetto di fame emotiva: per moltissime persone il cibo non è un mezzo per nutrirsi, ma una sorta di terapia calmante. Legale e facilmente reperibile. Mi sono resa conto che anch’io mangiavo non per fame, ma per moltissimi altri motivi: per abitudine, perché era un modo per gestire un’emozione troppo intensa, perché ormai il mio corpo seguiva in automatico sempre quello stesso schema conosciuto.

 “Mi sono imposta di provare a rompere quell’automatismo. Il primo passo è stato imparare a riconoscere se l’impulso della fame fosse fisico o emotivo. Nello stesso periodo, mettendo in atto una serie di strategie che oggi consiglio anche alle mie pazienti, mi sono prefissata di camminare ogni giorno. L’unione di queste due cose mi ha portata finalmente a liberarmi di quei fastidiosi 35kg in più”.

I tempi cambiano, inizia a svilupparsi un filone della psicologia che comincia ad occuparsi del rapporto tra mente e alimentazione. Laura si scrive ad un master e capisce che quello è esattamente l’ambito del quale desidera occuparsi professionalmente. 

 “Attraverso il mio lavoro cerco di fornire degli strumenti pratici per arrivare a far comprendere che dobbiamo essere noi a gestire il cibo, e non il contrario. Mangiare è un gesto che coinvolge tutti i sensi e l’obbiettivo è raggiungere un equilibrio tra il saperci concedere ed apprezzare un piacere e autoregolarci nel momento in cui corriamo il rischio di eccedere. Un luogo comune che mi sta a cuore sfatare, è che mangiare cose sane non significa affatto mangiare cose tristi. 

L’incontro con Vera e con Pulk mi ha permesso di realizzare quello che era il mio sogno più grande: un laboratorio all’insegna della consapevolezza alimentare ma che non tralasci le componenti del gusto e della sensorialità. Ora più che mai, c’è bisogno di socializzare, confrontarsi, scambiare esperienze e condividere strategie. E’ fondamentale fare informazione sul rapporto mente/corpo, e farlo insieme è un modo per crescere interiormente e non sentirsi soli”. 

Dott.ssa Laura Endrighi, Psicologia e Alimentazione: https://lauraendrighi.it/

Alice Sommavilla, n. 2, L’Isola che c’è per Pulk

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